I forti austriaci di Verona

Il forte Gisella

   

Le fortificazioni austriache costituiscono quell’insieme di opere staccate (campo trincerato), che avevano il compito di impedire al nemico di portarsi a distanza di tiro dalla città e di colpire la fanteria nemica che si fosse infiltrata tra le varie opere. Di questi numerosi forti, costruiti tra il 1830 ed il 1866, quale esempio presentiamo il Forte Gisella.

  LA STORIA

  Il campo trincerato che gli austriaci realizzarono fra il 1830 ed il 1866 a Verona è costituito da forti in muro e terra o da piazze ad opere staccate, caratteristici di questo periodo, costruiti secondo un sistema di difesa teorizzato dai francesi Montalembert e Carnot. Si giunse a semplificare la cinta muraria fino a ridurla ad un semplice recinto terrapienato con fosso; si portò la difesa all’esterno in opere staccate collegate tra di loro da telegrafi ottici. La cinta difensiva aveva il compito di arrestare le fanterie nemiche mentre il sistema dei forti doveva impedire alle artiglierie nemiche di portarsi a distanza di tiro dal corpo di piazza. Le opere staccate erano forti in muro e terra protette sopra ed anteriormente da abbondanti spessori di terra, circa 2 metri. La terra aveva il compito di proteggere la muratura dagli effetti contundenti ed esplosivi dell’artiglieria nemica.

Tutte le fortificazioni che si vedono attorno a Verona, escluse le 4 torri di S. Giuliano, avevano la parte superiore ricoperta di terra.

Verona, grazie alla sua posizione geografica, oltre ad esser un modernissimo ed efficace campo trincerato dotato di una eccellente organizzazione logistica, faceva parte del quadrilatero costituito dalle piazze di Mantova, Peschiera e Legnago.

In seguito alla sconfitta subita nella 2ª guerra di Indipendenza del 1859 ed all’introduzione delle canne rigate, l’Austria decise come contromisura, l’immediata costruzione di quattro forti (detti forti gemelli) attorno a Verona. Con l’introduzione delle canne rigate infatti la lunghezza di tiro delle artiglierie era notevolmente aumentata. Questa serie di forti (“Prinz Rudolph” o Lugagnano, “Gisella” o Dossobuono, “New Wratislaw” o Azzano e “Stadion” o Tomba), molto moderni ed efficienti furono costruiti per far sì che le artiglierie nemiche rimanessero fuori tiro dal corpo di piazza. Ogni opera era collegata da un efficiente telegrafo ottico.

La piazzaforte di Verona, raggiunto il suo massimo sviluppo nel 1866, anno in cui entrò a far parte del Regno d’Italia, conservò ancora qualche importanza fino al 1915 in conseguenza della sua vicinanza al confine austriaco. Dopo la 1ª  guerra mondiale molte strutture militari furono demolite. Alcune si salvarono in quanto usate come deposito dall’esercito italiano.

   

FORTE GISELLA O DOSSOBUONO

  Edificato nel 1860-1861 sulla strada per Mantova, il Forte Gisella è del tipo a pianta poligonale ed è uno degli esempi meglio conservati delle strutture fortificate austriache facenti parte del campo Trincerato di Verona. La costruzione comportò la deviazione della strada che formò di conseguenza la grande curva ancora esistente.

La funzione del forte era quella di sbarrare la strada e la ferrovia per Mantova, di battere inoltre la strada per Sommacampagna incrociando il tiro con i forti Prinz Rudolph e New Wratislaw.

Il forte è dotato di ampi locali comunicanti tra loro ed articolato in modo da destinare un consistente spazio ad una guarnigione permanente.

Il 9 maggio 1985 il Comune di Verona stipulava con il Demanio dello Stato un contratto di permuta in cui l’Autorità militare cedeva al comune di Verona i forti Chievo, Azzano, Dossobuono e la Caserma Principe Eugenio. In cambio il comune di Verona cedeva al Demanio un certo numero di alloggi.

DESCRIZIONE

  È una costruzione in muro e terra a forma pentagonale costituita da:

          Ridotto centrale a configurazione planimetrica semicircolare in spessa muratura di pietrame a faccia vista costruito su due piani fuori terra e protetto da un terrapieno.

            Profondo fossato asciutto che circonda interamente il forte.

          Muro alla Carnot entro il fossato alla base del muro di scarpa.

            Tamburo difensivo di gola in muratura con funzione anche di deposito per munizioni; aveva funzione di controllare la strada di accesso al forte.

          Due ingressi un tempo muniti di ponte levatoio su un  fossato oggi in parte interrato.

            Terrapieno con postazioni in barbetta le cui piazze erano separate da traverse in muro e terra ed utilizzate come riservette per le munizioni.

          Due caponiere sul fronte rivolto verso il nemico, collegate con l’interno del forte da ponente. Le caponiere, collegate con il muro alla Carnot, avevano la funzione di proteggerne i fianchi, con tiro di fiancheggiamento da eventuali nemici che si fossero introdotti nel fossato.

          Tre pozzi per approvvigionamento idrico.

          Ampie camere per consentire la sistemazione permanente di una guarnigione composta da circa 368-447 soldati.

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