Serravalle di Vittorio Veneto ed il Castello di Conegliano (TV)

 

 

Una proposta di visita nella Pedemontana all’interessante sistema difensivo di Serravalle con il castrum, le rocche, le mura e le porte ed al castello di Conegliano.

  ITINERARIO A SERRAVALLE

  Non è facile cogliere la struttura difensiva medievale di Serravalle: distruzioni, rifacimenti, modifiche hanno lasciato spesso solo delle vestigia che devono essere parzialmente interpretate. È consigliabile, prima di iniziare l’itinerario a piedi, esaminare la pianta della città con evidenziate le antiche strutture di fortificazione, nonché le stesse riportate in una rappresentazione “a volo d’uccello”. In questo modo sarà più agevole l’identificazione e il riconoscimento di quanto rimasto.

Punto di partenza è la Porta Inferiore o Porta di S. Lorenzo (ora Torre dell’Orologio) che era l’ingresso alla città fortificata per chi arrivava da Ceneda.

  L’attuale porta-torre, con al centro il percorso carraio e ai lati i passaggi pedonali, fu costruita nel 1832-1835 (dopo la demolizione dell’antica porta castrense) per rendere più agevole l’accesso alla città.

  Superata la porta, girando a destra, si oltrepassa il quattrocentesco oratorio dei SS. Lorenzo e Marco, un tempo cappella della Confraternita dei Battuti fondata nel 1313, e si prosegue sotto il porticato dell’ex ospedale. Questi edifici risultano costruiti a ridosso della porzione sud delle mura appartenenti alla terza cerchia che erano protette da due fossati esterni con acque provenienti dalle vicine zone di Piai e Olarigo. Si giunge così al ponte sul fiume Meschio, anticamente chiamato di Nogarolo e poi della Beccarla, ove è documentata l’esistenza di una antica torre di difesa.

Guardando verso nord si ha una bella visuale dell’apparato difensivo: gli edifici a destra di via Casoni furono costruiti a ridosso delle antiche mura che erano protette, all’esterno, da un fossato alimentato dalle acque provenienti dal Mechio.

 

Verso la collina di S. Augusta è visibile un tratto di mura recentemente restaurato-ricostruito e, sulla sommità, sono riconoscibili le strutture-torri dell’antica rocca. Guardando verso sinistra si vede la collina di S. Antonio o monte Cucco, con i resti delle mura o delle torri quasi completamente coperti dalla vegetazione.

 

Ritornando verso la porta di S. Lorenzo si passa sotto un piccolo edificio a ponte, al civico 60 di via Martiri, che immette su via Piai. Gli edifici di sinistra risultano anch’essi addossati alla vecchia cinta muraria. Dopo una ventina di metri si ha una bella vista delle mura che salgono lungo le pendici della collina. Raggiunta la sommità della stessa via, poco prima della grande Sophora Japonica che si protende sopra la strada, si possono ammirare i tetti di Serravalle sopra i quali svetta Porta di S. Lorenzo e dove si vedono, da una nuova angolazione, le mura di S. Augusta con la rocca soprastante. Scendendo lungo via Piai, passato un sottoportico, si giunge in via Roma, anticamente via Riva, che sale tra palazzi ed edifici storici. Poco più avanti si passa sotto la Porta de Yandre, documentata nel 1338, che costituiva l’ingresso della seconda cerchia muraria. Elegantemente incorniciata, è visibile una lapide commemorativa in onore del podestà Antonio Grimani del 1610. Procedendo si giunge alla Piazzola, uno slargo che si apre sulle mura del castrum.

 

L’accesso-scalinata esistente è una parziale ricostruzione eseguita dall’ing. Francesco Troyer nel 1935, sulla scorta delle indicazioni contenute nella stampa del Braun-Hogenberg del 1572.

 

In fondo alla piazzola esistono ancora i resti dell’antica porta detta “dello Spalto”. Attraversata questa porta e scendendo la ripida scalinata lungo il pendio roccioso, si raggiungeva l’area artigianale sul fiume Meschio, ove erano localizzati i mulini, i magli e le fucine.

Proseguendo la salita lungo via Roma, fiancheggiata dalle mura del castrum, si giunge alla porta-torre di S. Giovanni, chiamata così in quanto immetteva nell’omonimo borgo.

Documentata nel 1333, era detta anche porta della Muda, perché qui era situato il dazio (muda), importante fonte di risorse economiche durante il periodo medievale del borgo. Al centro è visibile la lapide posta in onore del podestà veneziano Antonio Loredan (1536). L’intera facciata conserva i segni dei proiettili della prima guerra mondiale.

 Oltrepassata la porta, inoltrandosi a sinistra per pochi passi lungo via Sangusè, si possono vedere i resti delle mura (e della torre) che salgono fino ad innestarsi negli speroni rocciosi della collina, dando così forma alla chiusura verso nord del borgo fortificato. Ritornati alla porta dalla parte opposta si arriva al castrum attraverso un vicolo di accesso dove, a fianco della stessa porta S. Giovanni, esisteva una seconda porta, demolita in occasione dei restauri della fortificazione.

Il castrum, nucleo più importante del sistema difensivo di Serravalle, risulta di difficile datazione.

 

Al suo interno sorgeva la chiesa di S. Margherita documentata nel 1170 e andata definitivamente in rovina nel sec. XVIII. Cintato da poderose mura e da numerosi torri, fu per quasi due secoli (1170-1335) la residenza della potente famiglia dei da Camino di Sopra. I da Camino si estinsero con Riccardo VI, morto nel 1335, lasciando la moglie Verde della Scala senza eredi maschi. Dal 1337 fino quasi alla caduta della Repubblica di Venezia (1797) il castello fu la residenza dei podestà veneti, fatta eccezione delle temporanee occupazioni dei Carraresi dal 1380 al 1388, degli Scaligeri nel 1388, dei conti di Gorizia, degli Ungari dal 1411 al 1418 e, per brevissimo tempo, degli Imperiali nel 1506.

La massiccia torre circolare che si eleva sul versante nord delle mura viene fatta risalire al periodo veneziano. Esaurita la sua valenza difensiva dopo il 1509 il castrum rimase inutilizzato e quasi privo di manutenzione e nel 1769 era ridotto ad un ammasso di rovine.

 Dopo la caduta della Repubblica Veneta divenne proprietà demaniale e successivamente privata. Sono documentate le proprietà della famiglia Lucheschi che già nel 1788 possedeva una piccola porzione su via Roma e agli inizi dell’Ottocento, tutta l’area a sud racchiusa nella prima cerchia muraria. Divenne poi proprietà dell’ingegner Francesco Troyer che nel decennio tra il 1925 e il 1935, intervenendo secondo i criteri dell’epoca, ricostruì e integrò quanto era rimasto delle antiche strutture.

 

Vennero alla luce numerosi reperti di varie epoche custoditi ora nel Museo del Cenedese. Attualmente è residenza privata della famiglia Marcantonio ed è visitabile.

   

IL CASTELLO DI CONEGLIANO

 Prima menzione del castello di Conegliano si ha nel 1153, anno in cui venne stipulato un patto di alleanza con Padova tra Valfredo, conte di Colfosco e i capi di Conegliano e Ceneda per difendere la Sinistra del Piave dalle mire espansionistiche di Treviso.

Passata sotto Treviso, dal 1275 la Rocca ospita la sede del Podestà, figura istituzionale inviata dal Comune di Treviso a risiedere stabilmente nella domus comunis, controllare l’ordine pubblico ed affiancare i consoli comunali nel governo della città.

La Rocca era di forma quadrata e dotata di due cerchie di mura e quattro torri: la torre delle Carceri, la torre “Nova” o Saracena, la torre del Barbacane, nell’angolo ovest (che si identifica oggi con la torre “Nova”), e quella della porta del Soccorso, anche se murata.

  La torre della Guardia è denominata anche torre della campana perché fin dal XV secolo ospitava la campana del Comune, che chiamava a raccolta la popolazione e scandiva l’inizio del consiglio cittadino.

  Oggi il castello è alto trenta metri ed è aperta da quattro finestre superiori, da balestriere e finestre cieche e si articola in tre solai. La torre, inserita in una struttura muraria vasta e complessa, ne costituiva uno dei tanti elementi.

Le mura esterne, che formavano l’antico “girone” del castello erano state erette nel XII secolo e ristrutturate dagli Scaligeri nel 1330. La torre di guardia viene nominata per la prima volta nel 1338, quando è definita come “la torre dove si chiamano le guardie”, e viene completamente restaurata dal podestà Alvise Ghini nel 1467.

  Nel 1491 crolla la parte sommitale, che accoglieva la campana. Questa viene ricostruita circa a metà del XIX sec., e la cella della campana è dotata dei quattro odierni finestroni ad arco e coronata da archetti e merli a coda di rondine. La linea di demarcazione delle due fasi costruttive è abbastanza netta: al di sotto si notano le tracce dei restauri compiuti nel 1467 e dopo il crollo del 1491. All’epoca scaligera, invece, risalgono la porta (oggi finestra) sulla facciata sud e le feritoie poste al piano terra ed al terzo piano.

Della cosiddetta torre mozza, o torre Saracena, ex-polveriera, sono visibili cospicue tracce (le fondazioni) nel seminterrato del ristorante che attualmente la ingloba.

  La torre, secondo le notizie tramandateci, crollò agli inizi del XIV secolo e fu riedificata l’anno dopo; in quell’occasione fu probabilmente rinforzata con un barbacane e ribatezzata come torre “Nova”.

 

All’interno del ristorante riaffiorano anche tratti del muro che anticamente separava la corte interna del Podestà della corte del Soccorso. Queste proseguono e riaffiorano nel giardino a fianco del locale.

Sempre nel giardino si possono ancora individuare i resti della torre che svettava accanto alla porta del Soccorso: si tratta della base muraria su cui si apriva la porta. Altro residuo dell’antico complesso è la torretta del custode, affiancata alla torre principale, ricostruzione compiuta in tempi recenti della porta di passaggio tra i due cortili interni. Sul lato ovest è visibile un frammento di muro ad archivolto applicato ai tempi dei Carraresi.

In un angolo del piazzale della rocca si trova, invece, l’Oratorio di Sant’Orsola, che ingloba la parte absidale dell’antica Collegiata di San Leonardo, dedicata originariamente a San Leonardo di Limoges, la quale fu la chiesa collegiata della città dal 1580 sino al trasferimento – avvenuto nel 1757 – nella chiesa della Confraternita dei Battuti.

 

Dell’antico edificio, citato per la prima volta in un documento del 1179, sopravvivono il coro e tracce di un’ala del transetto. Recentemente si sono rinvenuti sotto il pavimento i resti murari della precedente costruzione.

  Un piccolo campanile, adossato all’Oratorio e innalzato nel 1611, domina il piazzale, mentre all’interno dell’edificio sono da segnalare i pochi resti di alcuni pregevoli affreschi, anch’essi da poco riapparsi alla luce. È andata perduta, invece, la statua lignea di San Leonardo.

Dal piazzale, residuo dell’antica sede della consorteria comunale ed ex-cimitero dei nobili e dei Podestà, si possono ammirare i due panorami che rappresentano la doppia anima della città: da una parte l’industriosa pianura trevigiana, costellata da insediamenti urbani e industriali; dall’altra la placida e sonnacchiosa zona collinare della Pedemontana.

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