Giudecca e Chiesa del Redentore (VE)

Venezia

   

La chiesa del Redentore si trova a Venezia nell’isola della Giudecca, perciò qualsiasi percorso per raggiungerla deve prevedere un passaggio in vaporetto. L’isola è separata dalla città dal Canale della Giudecca, ampio e profondo, tanto da essere percorso dalle navi.

 

  ITINERARIO DI VISITA

 

Percorso 1: Tronchetto - Sant’Eufemia - Santi Cosma e Damiano - Campo San Giacomo - Chiesa del Redentore

 Percorso 2: Zattere - Sant’Eufemia - Santi Cosma e Damiano - Campo San Giacomo - Chiesa del Redentore

 Mezzi: per il percorso 1: vaporetto Linea 82 (partenza: Tronchetto - Sant’Eufemia); per il percorso 2: vaporetto Linea 82 rossa (partenza da Zattere - Sant’Eufemia)

  Tempo di percorrenza: per il percorso 1 con la Linea 82: minuti 15; per il percorso 2: minuti 3

 Difficoltà: il percorso non presenta alcuna difficoltà.

 

Luogo di partenza: Tronchetto. Accesso più comodo per chi raggiunge Venezia Centro Storico con l’automobile: qui, infatti, è possibile trovare un parcheggio a pagamento.

Zattere. Si possono raggiungere anche a piedi: da P.le Roma in direzione Santa Margherita. Da P.le Roma le Zattere distano circa 20 minuti. È una passeggiata molto suggestiva e piacevole, soprattutto nella bella stagione: un pullulare di bar con terrazze sul Canale della Giudecca offrono un’ottima sosta, soprattutto se si assaggia un gelato tipico, il cosiddetto “Gianduiotto” (gelato al gianduia con panna montata).

   

Giudecca

  Si approda all’isola della Giudecca, un tempo chiamata Spinalonga per la sua forma oblunga. Molte sono le ipotesi sul suo nome: dagli Ebrei (giudei) che vi si sarebbero stabiliti, o, ipotesi più autorevole, da “Zudecà”, ossia giudicato, in riferimento ad un risarcimento verso alcune famiglie patrizie, espropriate – durante il secolo IX – per il loro “malo procedere” contro la nascente Repubblica. Un’ipotesi recente ed accettata farebbe derivare il toponimo da una pianta detta “giudaica”, che veniva utilizzata durante la conciatura delle pelli.

 L’isola assunse l’attuale aspetto soltanto nel ’500, epoca in cui era considerata uno dei quartieri più aristocratici di Venezia: i nobili veneziani, infatti, si recavano lì per svernare o per riposare, poiché ritenevano l’aria giudecchina più salubre. Non è un caso che, al di là della serrata schiera di case lungo tutta la fondamenta, si aprano maestosi giardini “alla veneziana”, spazi aperti appartenenti a lussuosissime ville, tuttora abitate o adibite ad alberghi elitari.

E i giardini sono soltanto un ricordo dell’antico splendore che circondava l’isola che, con la caduta della Serenissima, ha assunto tutte quelle funzioni “ghettizzate” dal centro storico: è stata sede, infatti, di fabbriche (orologi Junghans, cantieri navali CNOMV, i tessuti Fortuny, nonché il famigerato Mulino Stucky) e per questo è considerata un esempio di archeologia industriale a Venezia; di carceri e quartieri operai.

   

Chiesa di Santa Eufemia

  Sorge sul nucleo originario dell’isola della Giudecca. Secondo la tradizione la prima fabbrica venne eretta addirittura nel secolo IX.

Subì numerosi rimaneggiamenti: all’800, per esempio, appartiene il porticato laterale, per il quale vennero utilizzate antiche colonne appartenute alla demolita chiesa dei SS. Biagio e Cataldo che un tempo occupava l’area del Mulino Stucky.

All’interno, di impianto veneto bizantino a tre navate con colonne e capitelli del sec. XI, meritano di essere ricordati gli affreschi raffiguranti le Storie e la Gloria di Sant’Eufemia attribuiti a Giovambattista Canal (Venezia 1745-1825).

Proseguendo a destra della fondamenta, si ammira la facciata della chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano, la cui costruzione iniziò nel 1481. La facciata ha subito alcune aperture per l’illuminazione del piano superiore adibito, dal 1886, a sede dell’opificio Herion: l’interno rimane strutturato a tre absidi.

Accanto sorge l’ex convento, oggi in completo stato di degrado.

Oltre i due ponti, quello su rio Piccolo e quello sul rio di ponte Lungo (il primo ponte risale al 1340), si prosegue lungo la Fondamenta di San Giacomo. Da segnalare al numero anagrafico 218 - 224 una splendida facciata rinascimentale appartenente alla casa dei Visconti, detta “Rocca Bianca”, costruita alla fine del secolo XV. Quest’area è stata occupata dagli ex cantieri navali CNOMV, la cui attività è cessata intorno agli anni ’60 e da quel momento gli ambienti sono in stato di abbandono.

Continuando si giunge in campo San Giacomo, dove un tempo (fino al 1837) sorgeva il complesso conventuale dedicato appunto a quel Santo: oggi, in mezzo al verde, si elevano case appartenenti allo IACP.

Il percorso culmina nel sagrato della bellissima chiesa elevata in onore del Santissimo Redentore.

   

Chiesa del Redentore

  Oggi l’isola della Giudecca, è meta di turisti che vogliono godersi la bellezza artistica dell’edificio religioso: la facciata bianca si staglia sul canale ed è visibile fin dalla sua imboccatura.

La chiesa sembra, infatti, essere stata progettata per essere vista da lontano, soprattutto dalle Zattere, dalla Chiesa di Santo Spirito (fondata nel 1483, ricostruita nel ’500), da dove iniziava la processione.

Ma in particolare “ritorna” ai religiosi la terza domenica di luglio, in cui, attraverso un ponte appoggiato su barche, in silenzioso pellegrinaggio, si raggiunge il tempio. Con questa processione, che inizia dal giorno precedente, si commemora quella compiuta dal doge Sebastiano Ziani ed il suo seguito nel 1578, la terza domenica di luglio, data stabilita per celebrare la liberazione dalla peste in città.

La chiesa, infatti, è un voto a Cristo Redentore da parte della Repubblica Serenissima per aver miracolosamente posto fine ad una delle terribili pestilenze che contagiò Venezia, quella del 1575-1577. La prima pietra fu posta il 3 maggio 1577.

Il progetto fu affidato al famoso architetto Andrea Palladio e l’opera fu terminata, secondo il progetto palladiano, da Antonio Da Ponte.

   

Discussa fu la scelta del luogo: alla fine si preferì il romitorio dei frati cappuccini che officiavano la piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Le ragioni che solitamente si adducono sono due: il sito dei cappuccini, che si trovava quasi al centro della città avrebbe permesso una più ampia visibilità del tempio votivo; le chiese votive erette in occasione di peste si usava costruirle fuori dalle mura cittadine.

I cappuccini avevano accettato volentieri la custodia del futuro tempio; speravano che questo avrebbe portato ad un ingrandimento del loro convento, ormai insufficiente per il crescente numero di frati. Però, quando il tracciato delle fondamenta consentì loro di rendersi conto della grandiosità e dell’eleganza della fabbrica, furono presi da scrupoli, in quanto ritenevano che ciò fosse in contrasto con le regole di severa povertà cui essi dovevano ispirarsi. Quindi esposero al Senato la loro decisione di ritirare il consenso alla custodia del tempio se non fossero state accettate certe condizioni atte a salvaguardare lo spirito del loro istituto. Il Senato ricorse al Papa che spedì ai frati una Breve in cui imponeva loro, per oboedientia, di accettare la custodia del tempio, spiegando che l’edificio non era di loro proprietà, ma del Senato. Però in un’altra occasione i cappuccini dovettero intervenire in difesa della loro povertà, quando chiesero al Senato uno speciale decreto che interdicesse per sempre le sepolture nella chiesa a loro affidata. La ragione era questa: le sepolture davano occasione a cospicue elemosine, a frequenti esequie, ad anniversari che costituivano introiti che andavano contro l’interpretazione severa che i cappuccini davano della povertà. Il Senato li accontentò, e così fu salvaguardata la povertà francescana, ma vennero preservate le linee del tempio da monumenti funebri che guastavano in quel tempo l’armonia architettonica di tante chiese. Forse la stessa insistenza, nei muri perimetrali dei mattoni a vista fu dovuta ad una richiesta dei religiosi abituati a costruire le loro chiese in tal modo.

 

L’interno della chiesa ad una navata risalta per la sua semplicità imponente, per l’assenza di decorazione, per l’essenzialità.

La parte anteriore è una grande aula rettangolare che, ipotizzano alcuni, sembra finalizzata ad accogliere i fedeli nell’ultima parte del pellegrinaggio.

Al di là del presbiterio l’austero coro dei frati, in legno tipicamente scuro.

Le opere artistiche più significative sono collocate nella sacrestia, alla quale si accede, oltre il presbiterio, dalla porta della parete destra Battesimo di Gesù, Madonna col Bambino, San Giovannino ed altri Santi attribuiti entrambi a Palma il Giovane; Caduta della Manna, I Pani della proposizione, Ultima cena e Cena di Emmaus, tavolette di Francesco Bassano.

Suggestive, forse impressionanti, le teste in cera riproducenti Cappuccini della fine del secolo XVII.

  Accanto alla chiesa sorge il complesso conventuale dei frati cappuccini, fondato all’incirca nei primi anni Trenta del ’500, su proprietà della nobildonna Trevisan Corner. All inizio un insieme di tavole lignee, nel 1577 fu deciso di erigere il nuovo convento, che doveva rispondere alle esigenze di povertà cappuccina: muri in pietra a vista, pavimenti di cotto, senza finestre affacciate al nuovo tempio.

Ad architettarlo ebbe l’incarico Padre Mattia Bellintani da Salò, uno degli scrittori più severi della spiritualità cappuccina. L’edificio fu compiuto dal 1581 al 1592, con spazi adibiti alle celle per i frati, all’infermeria, allo studentato, al lanificio per lavorare i rozzi panni per tutti i cappuccini della provincia veneta, alle cosiddette celle forti, per la segregazione punitiva di frati trasgressori dei precetti comunitari.

Quando il convento fu ultimato vi dimoravano una sessantina di frati. Verso la fine del ’500, quello del Redentore diveniva convento-simbolo dei cappuccini veneti.

   

Curiosità

             Un’antica leggenda narra che durante la pestilenza del 1464, un cavaliere apparve al parlatorio del convento di Santa Croce alla Giudecca, e chiese ad una delle portinaie il motivo della sua tristezza. Essendosi presentato come “cavalliero del re di Francia” e avendo saputo che il motivo della tristezza era la peste, disse che la malattia sarebbe cessata se esse avessero pregato San Sebastiano e avessero digiunato. Egli chiese poi un bicchiere d’acqua, che venne presa dal pozzo del monastero; l’acqua del pozzo da allora venne ritenuta miracolosa contro la peste, tanto che proprio durante la pestilenza del 1576 numerosissime persone, da Venezia e dalle altre città della terraferma, si recavano ad attingervi.

          Alla vigilia della festa del Redentore, in quella che viene chiamata “la notte famosissima del Nostro Redentore”, si svolge nel Bacino di San Marco uno spettacolo pirotecnico, al quale veneziani e turisti assistono dalle rive oppure dalle barche addobbate con palloncini di carta colorata e frasche.

 

         Il Ponte di Rialto.                                    Le cupole di S.Marco.

 

Per approfondire

Scheda di osservazione

 1 -      Come si chiama il grande edificio sulla punta occidentale della Giudecca e quale era il suo uso?

 2 -      Qual è il nome del ponte che hai attraversato?

 3 -      In quale data ricorre la festa del Redentore?

 4 -      Quali santi venivano pregati (non solo a Venezia) in occasione di pestilenze?

 5 -      In quale altra festa a Venezia si costruisce un ponte provvisorio di barche?

 

Basiliche e altri santuari della Provincia di Venezia

Basilica “San Marco”

Venezia - Piazza San Marco

 

Santuario “Madonna dell’Angelo”

Caorle (VE) - Tel. 0421/81028

 

Santuario “Madonna di Borbiago”

Borbiago (VE) - Via Giovanni XXIII, 151 - Tel. 041/420447

 

Cattedrale “Santa Maria Assunta”

30015 Chioggia (VE) - Piazza Duomo, 77 - Tel. e fax 041/400496-5507115

 

Santuario “Beata Vergine della Navicella”

30019 Sottomarina (VE) - Via E. Venturini, 1/b - Tel. e fax 041/490611

 

Santuario “S. Domenico confessore”

30015 Chioggia (VE) - Via Canali, 6 - Tel. 041/403526

 

Santuario “San Giacomo apostolo”

30015 Chioggia (VE) - Corso del popolo, 1202 - Tel. 041/400584

 

Santuario “Madonna dell’apparizione e santi Vito e Modesto”

30010 Pellestrina (VE) - Sestier Busetti, 33 - Tel. 041/967011

 

Centro di spiritualità “Madonna del Divino Amore”

30010 Sant’Anna di Chioggia (VE) - Via Pegorina - Tel. e fax 041/4950224

 

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